Sono cresciuta guardando mio padre fare il lavoro per lui più bello al mondo; prima di lui suo padre e prima ancora suo nonno: tre generazioni di agenti di commercio, in tempi diversi e con evoluzioni differenti.
La passione e la sensazione di libertà che questo tipo di lavoro comporta e che mi ha sempre trasmesso sono entrate nella mia pelle a tal punto da volerlo seguire e come lui diventare agente.
La vita come sempre non ti chiede quello che desideri…ti mette di fronte le strade da percorrere, da inseguire, da riconoscere: la mia è stata una strada privilegiata, con l’esempio e la guida di mio padre, che spianava, alleggeriva e dava sostanza ad ogni singolo istante passato al lavoro e all’interno della famiglia.
E cosi è stato fino alla nascita di mia figlia Alice.
Ho sempre pensato che il lavoro dell’agente desse alla donna con una famiglia una marcia in più proprio grazie alla possibilità di libertà e di gestione intrinseca del lavoro stesso.
Sono ancora convinta che lo sia in una situazione di “normalità”.
Alice ha la Sindrome di Rett, non parla e non cammina sebbene riesca a capire ogni cosa le si dica e riesca a suo modo a rispondere e a relazionarsi con l’esterno, capacità non scontate in questa sindrome, acquisite grazie alle costanti terapie e al lavoro quotidiano nella scuola e nella famiglia.
Alice ha oggi 7anni e per 6 di questi anni ho dovuto interrompere il mio lavoro di agente per poterla accudire e seguire.
È stato un tempo fatto di grande amore, di fatica, di piccoli e grandi progressi quotidiani.
Un tempo purtroppo però non riconosciuto nel lavoro: oltre la perdita di denaro (essenziale per garantire le costosissime terapie di Alice) ha comportato anche la perdita delle mia “presenza sul mercato”, con conseguenze ben immaginabili.
Cercate infatti di immaginare il valore (materiale e immateriale) di una vostra giornata di lavoro … e moltiplicatela per mille e più volte!
Nonostante le difficoltà mi sono comunque potuta permettere questo tempo di amore verso Alice: penso però ai tanti agenti di commercio – anche uomini – che hanno in famiglia persone con disabilità, che non possono seguire adeguatamente per non perdere i mandati di agenzia.
Personalmente mi impegnerò in prima persona dentro Usarci perché questo tema possa finalmente avere l’attenzione che merita; spero comunque che questa mia piccola testimonianza possa essere un primo piccolo passo verso il riconoscimento di questa “categoria” di agenti, che merita proposte mirate non solo ad alleviare le situazioni di disagio ma anche e soprattutto a far sentire le persone meno sole.
Non mi sento diversa, mi sento consapevole perché credo di aver capito ciò che la vita mi ha indicato; e so di aver ricevuto un’eredità fatta di valori ed essenze.
Siamo persone che possono costruire, basta solo guardarsi con occhi nuovi.
Cristiana Mantovani
Vice presidente Usarci Marche
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